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A passeggio tra i colorati e profumati mercati boliviani

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I bus boliviani non sono di sicuro tra i più comodi al mondo, ma di sicuro sono alcuni tra i più caratteristici che abbia mai visto. Su questo autobus per Sucre ci sono uomini che con abiti tradizionali vanno in città per commissioni burocratiche, donne che trasportano lana di lama che dall’odore che emana sarà stata tosata da poche ore e come sempre ci sono i bambini che con il loro visetto col naso schiacciato dormono o stanno avvinghiati alla propria madre.
Se si vuol scoprire davvero una nazione, credo che un viaggio sui bus locali sia fondamentale.

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Una volta arrivati a Sucre, con la solita compagnia di danesi e Victor, andiamo alla ricerca di un ostello. Arriviamo nella piazza principale, e come molti boliviani ci hanno detto, notiamo che Sucre è la più bella città della Bolivia.
Architettura spagnola, pareti bianche e piazze con giardini e statue.
Una volta trovato l’ostello ci fiondiamo al mercato per cercare qualcosa da mangiare.

Il mercato è qualcosa di incredibile. Un mix di odori forti, soavi, dolci e amari che ti accompagna in un percorso gastronomico di ogni varietà.
Saliamo al piano di sopra e andiamo alle cucine dove le anziane signore cucinano i piatti che poi venderanno ai lavoratori del mercato. Riusciamo a mangiare un piatto di spaghetti al ragù (se si può definire ragù) con delle patate per ben 10 pesos, che sono poco più di un euro.
Quasi sazi e con l’incredibile voglia di continuare questo percorso culinario ci imbattiamo in un
cortile circondato da banconi con frutta esposta.
Notiamo che fanno dei frullati.
Io e Victor ci avviciniamo e a servirci ci sono due bellissime bambine che ci chiedono quale succo vogliamo.
Alla mia risposta – Il tuo preferito – alla ragazzina, di nome Esperanza, le iniziano a brillare gli occhi. Per 5 pesos mi bevo un bicchierone di milk-shake al mango, e siccome gli stavo simpatico il bicchiere mi viene riempito per ben due volte.

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Una volta tornati in ostello, decidiamo di festeggiare la mia ultima notte assieme ai danesi e a Victor andando ad una festa. Compriamo del whisky, delle birre e iniziamo a bere per strada.
Ad un certo punto la polizia si avvicina e ci intima di seguirli.
Ci informa che è vietato bere in pubblico e che rischiamo 24 ore di carcere.
Dopo un buon cinque minuti di scuse, di “ma non lo sapevamo, nelle altre città non ci ha mai detto
niente nessuno” riusciamo a scamparla.

Alla festa ci ubriachiamo e una volta tornati in ostello manca una persona.
Dove è finito Victor? Boh.
La mattina dopo verso le 10 riesce a far ritorno a casa, raccontandoci di essersi perso, di essere stato
morso da un cane e di essersi addormentato per strada.
E poi si lamenta che qualcuno gli ha rubato il portafoglio.

Con questa ultima perla lascio i miei compagni di viaggio e mi dirigo verso Santa Cruz, ultima tappa di questo incredibile viaggio.
E dopo ben 17 ore di viaggio arrivo alla stazione dei bus.
L’aria è molto più umida e anche i costi sono decisamente differenti.
Per una tratta di taxi dalla stazione all’ostello pago quasi il triplo.
Una volta arrivato in ostello mi posiziono su uno dei letti della camerata in cui dormo, mi faccio una doccia e poi mi rilasso un po’ sulle amache. Leggo “Autostop con Buddha” di Will Ferguson e sorseggiando l’ultimo mate che mi è rimasto sogno un altro viaggio, magari proprio in Giappone. Chissà cosa porterà il futuro.

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Dopo un’ora circa, decido di andare a mangiare e a comprare altro mate da portare in Italia.
Domani un volo mi ripoterà a casa, dopo tre settimane di viaggio.

Come Sucre anche il mercato di Santa Cruz è un’esplosione di colori e sapori.
La frutta nei cesti, la carne macellata sui banconi, gli utensili per la cucina appesi ai tubi dell’acqua sulle pareti, enormi pentole bollenti da cui esce fumo caldo profumato.
All’inizio ho scritto che “Se si vuol scoprire davvero una nazione, credo che un viaggio sui bus locali sia fondamentale.” beh, credo che anche una passeggiata all’interno di un mercato sia fondamentale.
Perché se nei bus vedi le persone, nei mercati vedi cosa mangiano.
E i sapori di una nazione sono un po’ come gli occhi di una persona.
Se li osservi attentamente, ci scopri anche l’anima più nascosta.

E io credo che di questo viaggio ho scoperto un’anima incredibilmente profonda.
Un’anima fatta di bambini sorridenti, di sapori colorati, di incredibili paesaggi ma soprattutto di un popolo incredibile. Che ha fatto della bontà d’animo, la sua caratteristica più importante.

“Ma ora sono fermo
come le bianche strisce sull’asfalto
Ferme
Immobili
Spezzettate
Non sono più una linea continua
sull’asfalto sfrecciante
data dal viaggio
verso nuove terre
No
ora sono ferme
come me

Sono a casa
So benissimo dove mi trovo
Non riesco
a rendermene ancora conto
Sono tornato”

Il Bardo

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Última modificación 16 de Giugno de 2016

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