La cucina identifica un territorio e la pasta amatriciana – il nome classico e più corretto è pasta all’amatriciana – è il simbolo del borgo di Amatrice. Questo piatto si è meritato la fama di cui gode, divenendo uno dei più conosciuti e classici della gastronomia del Lazio.
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La pasta all’amatriciana affonda le sue origini nella tradizione contadina e più precisamente nella storia dei pastori che badavano ai greggi sui Monti della Laga e su quelli Sabini.
Come spesso accade i piatti nascono per necessità, e anche in questo caso i pastori preparavano il loro cibo con gli ingredienti che avevano a disposizione in loco. Tra questi c’era il formaggio pecorino che, in questa zona tipicamente meno salato di quello romano, il pepe nero, il guanciale e i maccheroni o bucatini.
Siamo nel ‘700 e ancora il pomodoro non fa parte della ricetta come quella che conosciamo oggi. Arriverà in seguito, con la nascita del Regno delle due Sicilie e l’introduzione di questo ortaggio nella cucina del sud Italia.
La versione bianca della pasta amatriciana che ancora oggi è uno dei piatti della tradizione gastronomica laziale, era la gricia (in dialetto romanesco griscia) e si mangiava velocemente, appena il formaggio si era leggermente sciolto con il calore della pasta stessa.
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I pastori reatini amavano e ancora apprezzano questo piatto perché veloce e molto sostanzioso, ideale per loro lunghe permanenze in altura. Il borgo da cui la pasta amatriciana ha preso il nome è, ovviamente, quello di Amatrice, salito tristemente all’onore delle cronache per essere stato quasi completamente raso al suolo con il terremoto del 2016.
Oggi la sua rinascita parte proprio da questo piatto così amato, con il quale molti chef stellati si sono impegnati per raccogliere fondi da destinare alla ricostruzione.
La pasta all’amatriciana in versione rossa è quella che tutti conoscono ed è nata, si racconta, per opera di un cuoco romano, tale Francesco Leonardi, molto famoso alla fine del 1700, tanto che fu addetto alla cucina di molte corti europee.
La prima pasta all’amatriciana la preparò per Papa Pio VII. Da qui il suo successo è stato inarrestabile, ma alcuni interrogativi sull’autentica ricetta rimangono. Gli ingredienti originali sono passata di pomodoro fresco, guanciale, cipolla e pecorino.
Non c’è aggiunta di olio d’oliva extravergine in quanto la cipolla si fa soffriggere nel grasso originato dal guanciale, che in parte si scioglie e per il resto diventa deliziosamente croccante e rosolato.
Esistono anche altre versioni, specie nei ristoranti e nelle fraschette dei vicoli trasteverini di Roma, dove si fa rosolare l’aglio nell’olio al posto della cipolla e si usa il pecorino locale al posto di quello meno salato. Il gusto di questo piatto che parla di semplicità e prodotti genuini, rappresenta egregiamente la dieta mediterranea.
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