Potosí si presenta come una vecchia signora che ne ha viste di tutte, che ora però vuole solo riposare e lasciare il tempo scorrere sulle sue grosse spalle.
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E anche noi, dopo quattro giorni di tour senza doccia e letti decenti vogliamo rilassarci e fermarci un po’.
Alla stazione conosciamo due ragazze italiane che ci dicono che hanno un buon ostello e decidiamo di dividerci il costo dei taxi per raggiungerlo.
Una volta arrivati, ecco che appare come un’oasi nel deserto, la doccia.
A turno ci laviamo lo sporco di un tour meraviglioso ma allo stesso tempo devastante.
Nel frattempo conosciamo Victor, un ragazzo belga-cileno che ad una festa in campeggio in Chile, tra acidi e vino ha perso il portafoglio e quindi sta aspettando che gli venga mandato del denaro dalla sua famiglia. Cose strane.
Potosí, però è famosa soprattutto per le sue miniere.
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Ricordo che una volta, un ragazzo inglese in un ostello di Tangeri mi disse che al mercato si può comprare la dinamite per 4 dollari. Devo assolutamente farlo.
Cerchiamo un modo di poter visitare le miniere, e troviamo una signora che ci accompagnerà all’interno per 70 pesos. Prima però ci fermiamo al mercato e, incredibilmente scopro che puoi davvero comprare la dinamite come se fosse pane. Per soli 20 pesos, poco meno di 3 euro. Con annesso detonatore incluso nel prezzo.
Sono sbalordito.
Compriamo dei candelotti, delle foglie di coca e dell’alcool potabile da portare in dono ai minatori all’interno della miniera di argento.
Prima di entrare dobbiamo cambiarci e mettere delle orribili tute gialle, che poi distruggerò. Decisamente troppo piccole per il mio metro e 90.
Una volta dentro la prima cosa che si incontra è una statua, El Tio, che sarebbe “Lo Zio” che ha le sembianze di un diavolo. Questa statua di colore rosso con un enorme pene che sporge è completamente ricoperto di foglie di coca, nastri colorati, pacchetti di sigarette e bottiglie di alcool e birra. Domandiamo alla nostra guida perché tutto ciò e lei ci spiega che ogni volta che qualcuno entra bisogna fare una donazione allo Zio, ma soprattutto ogni mattina che si entra in miniera il minatore più anziano fa una sorta di rito per chiedere una buona giornata di lavoro senza frane o problemi. Quindi la nostra guida inizia accendere sigarette che infila nella bocca della statua, sparpaglia un po’ di foglie di coca attorno alla statua e poi per concludere lo “battezza” con dell’alcool sulle mani, sui piedi e sul pene.
Dopo questo rito iniziamo la nostra discesa all’interno delle gallerie. Svariate volte ci dobbiamo far da parte per far passare i minatori che portano fuori i carrelli di pietre e argento.
A gruppi di quattro, spingono carrelli di 250 chili con la testa chinata in avanti e con gli stivali nella poltiglia.
La situazione è surreale. Le condizioni di lavoro delle persone all’interno sono al limite della schiavitù, e i sensi di colpa mi invadono in quanto io sono lì a vederli, come se fossero delle attrazioni da circo, e loro fanno il lavoro più brutto che abbia mai visto fare in vita mia.
Dopo cunicoli in cui a malapena riusciamo a passare arriviamo da un minatore. Chiacchieriamo un po’ con lui e gli diamo ciò che abbiamo portato per lui.
Alla vista della dinamite gli si illuminano gli occhi. Ci spiega che grazie a noi domani potrà fare in 30 secondi quello che fa in mezza giornata di lavoro. Duro a crederci.
Gli diamo anche l’alcool e lui, Josè, inizia a preparare una brodaglia di alcool puro diluito con acqua e succo d’arancia. Una volta finito di mixare, ce la offre non prima però di averla offerta alla Pachamama.
La Pachamama è la madre terra, è una divinità. Questo gesto di offrire ciò che noi stiamo consumando viene fatto di continuo. Mi è successo anche in Argentina. Stavamo mangiando un asado (una grigliata di carne) e un pezzo di carne è stato dato in dono alla terra, semplicemente lanciandolo per terra.
A molti di noi, può sembrare uno spreco, un gesto quasi insignificante. Ma qui in sud America è un gesto comune e di rito.
Ma torniamo alla brodaglia di alcool puro e succo d’arancia.
Beh il suo sapore non è tra i migliori ma dopo un po’ ci fai l’abitudine. Continuiamo la chiacchierata con Josè e ci spiega che i minatori lavorano in miniera non tanto per disperazione, ma bensì per orgoglio e per seguire la tradizione dei suoi antenati. Incredibile.
Dopo una decina di minuti e tre o quattro giri di “Bolivia Whisky” usciamo.
Mentre percorriamo le gallerie che portano verso l’uscita sentiamo dei botti che fanno tremare le gallerie. Dinamite.
Credevo che vedere il soffitto che perde polvere e sassi fosse usato solo nei film, e invece.
Dopo 15 minuti la luce del sole ci colpisce come un pugno nello stomaco.
Siamo distrutti, nonostante avessimo solo camminato. Torniamo sul nostro furgoncino decisamente scossi e provati da questa esperienza.
In silenzio riflettiamo su ciò che abbiamo visto.
Rifletto sulla gente che si lamenta del lavoro d’ufficio. Del fatto di lavorare 8 ore al giorno seduto su una soffice poltrona, con vestiti puliti addosso.
Rifletto sul fatto che ormai ci stiamo viziando sempre più diventando così egoisti da vedere solo il nostro, ingiustificato, malessere.
Rifletto su tutto ciò, e mi faccio un po’ pena ricordandomi a quando mi arrabbio perché l’aria condizionata non funziona.
Rifletto su quanto sono contento di viaggiare per le strade del mondo, così da poter rendermi conto di quanto sia fortunato ad avere una famiglia che mi aspetta in una casa accogliente.
Rifletto, e mi sento un po’ in colpa.
Il Bardo
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