Luciano ed io uscimmo dall’acqua e smontammo rapidamente l’attrezzatura, scambiandoci sguardi carichi di inquietudine. Poco dopo sentimmo la voce dell’istruttore: “Gabriele hai ‘ucciso’ Paolo…non gli hai dato l’erogatore e quindi è stato costretto a risalire”. Quelle parole, proferite con fermezza, colpirono tutto il gruppo e ci lasciarono perplessi. Poi l’istruttore si rivolse a Luciano dicendo: “…il tuo egoismo, non passando l’erogatore, avrebbe potuto uccidere Antonio; sei stato fortunato perché il tuo compagno ha avuto un grande autocontrollo ed ha aumentato la velocità dei movimenti, trascinandoti.” Poi si rivolse a tutti noi: “…in una situazione reale, probabilmente, questa sera avremmo avuto un decesso sicuro ed Antonio sarebbe finito in camera iperbarica…fortunatamente ci troviamo in una piscina e si tratta solo di un esercizio affinché, in ‘acque libere’ queste situazioni non accadano”.
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L’istruttore chiese poi a Gabriele, a Paolo ed a Luciano di commentare ad alta voce l’accaduto, descrivendo le proprie sensazioni. Gabriele disse che la voglia di respirare era stata troppo forte, portandolo ad uno stato ‘confusionale’ di paura ed angoscia. Anche Paolo confermò una sensazione di terrore inspiegabile. I due compagni erano mortificati e delusi ed ammisero pubblicamente di aver commesso una serie di errori che, in mare, li avrebbe portati ad una morte certa.
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Fabio e Stefano, che avevano completato correttamente l’esercizio, cercavano di sdrammatizzare per allentare la tensione. Evidentemente l’istruttore voleva fare in modo che tutto il gruppo si rendesse conto di cosa poteva accadere se ci fossimo trovati in alto mare ed in profondità. Ci chiese di riportare le attrezzature negli armadietti e, mentre risistemavamo il tutto, mi guardò abbozzando un sorriso con aria soddisfatta ed, alla fine….
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